Fantascienza

Androidi

È appena finita quell’angoscia chiamata scuola, dove insegnano tutto aggirando gli argomenti importanti, per paura che i nostri cervelli si sviluppino in modo sbagliato, per paura che noi giovani spodestiamo i “Grandi re”, anche noti come “i Tredici”. Solo alle scuole medie ho incontrato un professore diverso dagli altri, non aveva paura di essere giustiziato per alto tradimento ai vertici della società. Era un prof. di informatica. È grazie a lui che mi sono appassionata all’hackeraggio e alla programmazione. In me aveva visto un potenziale, così quasi tutti i giorni, dopo la scuola, ci trovavamo in un ufficio e mi insegnava come hackerare i sistemi, mi diceva sempre: – Se qualcuno nasconde qualcosa, allora quel qualcosa è pericoloso. L’ultimo giorno in cui l’ho visto mi ha insegnato come entrare in un sistema di Stato, non in modo completamente sicuro, ma solo parzialmente – come fare una rapina senza il passamontagna. Era ormai tardi quel giorno, il prof. mi aveva informato che mi avrebbe dato le formule sicure l’indomani. Io l’ho salutato, ma prima che io uscissi mi ha afferrato il braccio e mi ha detto: – Sei un prodigio dell’informatica Camilla, stai attenta, se ti scoprono sei morta. Io proverò a fare l’inimmaginabile oggi, tu farai l’impossibile domani –. Detto questo mi ha salutata per l’ultima volta, prima di scomparire per sempre ne nulla, ancora oggi mi chiedo che cosa gli sia successo. Non mi ha mai dato le formule completate, ma io in un anno le ho trovate da sola. Nessuno lo sa, nemmeno i miei genitori perché, per quanto io sappia che i miei mi vogliono bene, scommetterei che se sapessero tutto questo mi denuncerebbero senza esitazione.

– Camilla, scendi dall’auto oppure stai lì un altro po’? – dice mia madre, sarcastica, risvegliandomi dai miei pensieri. – Arrivo – le dico annoiata, prendo la cartella e scendo. Entro in casa, corro in camera mia, chiudo la porta e mi butto sul letto.

– Dovrei fare l’impossibile? – mi dico. – Sono veramente pronta? – mi ripeto. – Sono veramente sicura di voler rischiare la mia vita a quattordici anni? – mi domando incerta. “Io proverò l’inimmaginabile oggi, tu farai l’impossibile domani”, è la frase che riecheggia nella mia mente da quando ho completato il codice. – È adesso quel “domani” di cui parlava? – mi chiedo. Dopo vari minuti di riflessione mi rispondo: – Sì, è oggi –. Mi alzo dal letto e vado verso la scrivania: preparo le prime cartelle criptate, a cui solo dal mio pc si può accedere, i file che troverò si scaricheranno qui, e se dopo ventiquattro ore non verranno modificati, saranno condivisi sul web in modo anonimo e irremovibile.

– Camilla, vieni, è pronta la cena – mi urla mia mamma. – Arrivo – le rispondo. – Ci ho messo solo quattro ore, mi sono superata – penso. Scendo, ceno, prima di tornare in camera dico ai miei genitori: – Vi voglio bene –, e poi li abbraccio. – Mica devi andare in guerra, eh – aggiunge ridendo mio padre. Mi sforzo di sorridere, poi, lentamente, mi avvio per andare in camera, l’ansia inizia a farsi sentire. Cammino piano, osservando la casa che mi ha ospitata per quattordici anni, e che forse, dopo stanotte, non rivedrò mai più. Arrivo in camera, chiudo la porta a chiave e mi siedo alla scrivania. 9.31 p.m., indica il mio orologio. Insicura, inizio a digitare sulla tastiera, le mie dita scorrono veloci sulle lettere. Dopo un’ora sono riuscita a creare una protezione per il mio pc. Dopo due ore sono dentro.

Si chiama “A.C.A.”, una sigla riferita a “Association for Creating Awls”. Mi si gela il sangue nelle vene, un’associazione segreta? Per cosa? Cosa sono gli Awl? – Troppe domande e poche risposte – penso. Inizio a scaricare alcuni file; poi vedo che uno di essi è criptato. Ho paura, chiudo gli occhi, sospiro e lo clicco, dopo pochi minuti sblocco il file, vedo la scritta awl e sotto una scritta più piccola, we want to create androids. Inorridisco, scorro ancora un po’ più in basso e vedo che c’è scritto come avviare il processo: prendono il cuore degli umani e lo inseriscono negli androidi. Spalanco gli occhi, inizio a tremare, non possono! Il mio battito accelera, inizio ad affannarmi, la mia stretta sul mouse aumenta, ho paura, paura che sia successo questo al mio professore. E se questo accadesse anche a me? Mi strapperebbero il cuore dal petto per metterlo in un burattino di metallo? Lo farebbero davvero? La risposta, a malincuore, è sì, lo farebbero, non guardano in faccia a nessuno. Continuo a scorrere tra i vari file e ne trovo uno nominato “cams”, anch’esso criptato. Ci mette trenta minuti a sbloccarsi, poi si apre un file con dei nomi e dei cognomi. Scorro tra di essi e ne trovo uno che avrei preferito non vedere, Walter Woods. È il mio professore. Spaventata, clicco sul file. Poi lo vedo, lì, in piedi, collegato a dei fili, occhi vuoti, intorno a lui degli scienziati, in mano hanno tutti un tablet e ogni volta che uno di loro tocca lo schermo “l’essere” si muove, non lo possono più professore perché so che non è più lui. Chiudo velocemente il file, inorridita e spaventata ancora più di prima. Scorro tra i nomi e trovo “Camilla Malsh”, sono io. Non voglio aprire quel file, in fondo so cosa troverò. Traggo il coraggio dalla mia macabra curiosità e clicco. Si apre una finestra, probabilmente il video di alcune telecamere, uguali a quelle del professore, solo al suo posto ci sono io, una me senza vita, una me senza emozioni, gli occhi aperti ma senza iridi, la pelle pallida come quella di un vampiro, sollevata dal terreno, collegata a dei fili, i miei capelli sembrano di plastica, indosso una camicetta bianca. Solo il mio corpo malandato, niente anima. Non riesco a resistere un minuto di più, così chiudo con cautela tutti i file, controllo che si siano salvati nelle cartelle, poi mi metto sul letto, mi avvolgo nelle coperte e mi addormento. La mattina dopo, prima di aprire gli occhi, ripenso all’incubo della notte prima: ho sognato che delle persone mi avevano preso e mi avevano portato in quel laboratorio, poi buio. Mi sveglio, non riesco a muovermi, non riesco ad urlare, non sento niente, solo il mio battito. Sento una voce ovattata dire: – È ancora viva –, poi più nulla, neanche il mio battito si sente più.

Camilla Panini 3D

Aaerf e i suoi abitanti

<desidera del te , padrone? > 

<qualche carota o barbabietola?>

<un po’ di vestiti puliti da indossare?>

<ha bisogno di un’ occhiatina al motore dello spider? >

<nel frattempo posso dare una pulitina all’officina se desidera>

< io mi offro per andare a comprare dello juyt

< aspettami vengo anche io , intanto desidera qualcosa signore padrone?>

< quante volte vi ho detto di lasciarmi in pace quando sono pensieroso?! > intervenni finalmente per loro grande gioia . Non avevo programmato che creare tanti ,tantissimi robot a te fedeli sarebbe stato come avere delle piccole pulci costantemente attaccate a te unico uomo .

< non ho bisogno di niente , grazie , tornate pure alle vostre faccende >

< pensieroso , il padrone pensieroso ….> 

< signore lei è pensieroso … 

<questa è una causa naturale dovuta forse alla stanchezza credo…>

< padrone pensieroso …. padrone sta per morire … aiutate padrone ,aiutate padrone !

< RAGAZZI STO BENISSIMO , NON SONO STANCO E NON STO DI CERTO MORENDO>

proprio in quel’ momento un enorme fragore penetrò le mie orecchie e quelle dei miei  fidati robot . Uscii immediatamente dalla tenda provvisoria installata pochi giorni prima e con un colpo al cuore scorsi qualcosa al di là di un enorme ma ormai a pezzi navicella . Era forse un jigoku o un goytre . di sicuro non poteva di certo essere un robot , i miei ne avrebbero subito fiutato la presenza. Mi avvicinai tra le fiamme della navicella con il cuore ormai fuori dal corpo .

< jtg huomkjnj  >provai con la lingua dei jigoku 

<gre wv uiop> poi con quella dei goytre 

niente infine provai con la mia lingua < c’è qualcuno ?> finalmente una gracile vocina mi rispose con un sussulto quasi spaventato . Cercai di individuare da dove proveniva quel suono ma mi risultò davvero complicato. Chiamai i rinforzi :< padrone non possiamo uscire finchè non pronuncia quella parola ! >: mi urlò fred il-so-tutto-io < 2653> urlai ancora più forte di prima  improvvisamente una flotta di robot mi superò ,attraversò le fiamme e con molta delicatezza trasportarono avvolta fra gli stracci una sagoma simile a un robot a i miei piedi  lo appoggiarono delicatamente a terra per evitare di procurargli altre eventuali ferite . Alzai delicatamente il telo che lo copriva o meglio dire la copriva e mi paralizzai . Una bellezza che da quando avevo lasciato la terra mi era mancata, una bellezza imbarazzante . Una ragazza umana come me era fortunatamente arrivata a aaerf andando in contro alla morte . e per quale motivo proprio ad aaerf ? dovevo scoprirlo .

< forza ragazzi portatela dentro o si congelerà qua fuori > 

< padrone …>replicò fred so-tutto-io 

< 7906> risposi prontamente intuendo già la richiesta .

la trasportarono in casa e la appoggiarono sull’unico letto della tenda. Iniziai a impartire ordini come <fred lo juyt vai ad alloy street , 5425> 

< tu josh cosa fai lì impalato , forza prepara delle bende , 8876>

< gli altri pensino al’ disastro la fuori  , 7654>

io e la ragazza ci ritrovammo quindi soli. Ripensandoci forse era quello il mio obiettivo. Sapevo che appena i miei robot sarebbero tornati non ci sarebbe stato tempo per le mie domande perché sorpassate dalle loro . Gli occhi erano ancora chiusi ma le palpebre erano tese e contratte come se non volesse aprirle la mano era gelida come l’inverno ad aaerf . I capelli erano raccolti in una disordinatissima treccia che percorreva gran parte del suo bel visino sporco di polvere e cenere . Ero lì, impalato, a fissarla, come ipnotizzato. Avrebbe potuto essere benissimo un mostro in sembianze da donna ed io sarei rimasto lì a fissarla facendomi divorare. Poi improvvisamente un colpo alla porta mi fece intuire il ritorno di fred e di tutti gli altri. Forse anche loro notarono la mia strana attenzione a quella ragazza perchè appena entrarono mi chiesero se andava tutto bene. Io risposi prontamente ma la mia voce fu sovrastata da una più gracile ma più imponente

< forse se mi avesse lasciato un po’ più in pace si sarebbe potuto riposare anche lui! > era la voce della ragazza che parlava con questo tono arrogante . Ero terribilmente dispiaciuto e allo stesso tempo volevo sotterrarmi dalla vergogna .

< mi dispiace, ma sai sono l’unico umano su aaerf e vederne uno dopo più di 20 anni non capita tutti i giorni > risposi orgoglioso di averle saputo tenere testa .

< ad ogni modo volevo ringraziarvi per avermi salvato la vita , ma ora ho una missione da compiere > 

< e senti un po’ > ribattei io < dista tanto da qui , perchè credo che la tua navicella sia leggermente mal concia > forse avrei fatto meglio a tenere la bocca chiusa 

< cosa ?! La mia navicella , malconcia?!cosa gli avete fatto?! , io io ….> improvvisamente i suoi occhi si riempirono di lacrime pari a quelle di un elefante .

< oh piccolina , non temere c’è il nostro padrone che sa aggiustare tutto , ma proprio tutto >  le rivolsi un’occhiataccia .

< e tu chi saresti scusami >ridacchiò la ragazza forse i miei robot non erano poi molto belli ma la loro intelligenza era umana e affinata nei minimi dettagli

< chi sei tu !?> ribattei in modo offeso ma venni come sempre superato da amanda la-mamma-di-tutti < io sono Amanda la-mamma-di-tutti se proprio vuoi saperlo ragazzina > rispose lei in tono acido . Amanda era stata uno dei miei primi robot e anche se con qualche imperfezione rimane sempre e solo la mamma perfetta . A volte infatti diventa un pochino troppo apprensiva …. meglio non ammalarsi quando c’è in giro lei .

< io invece mi chiamo josh il-dimentica-tutto > si può intuire il motivo del suo nome .

< a proposito josh , hai preso le bende ?>gli chiesi già consapevole della sua risposta 

<padrone , i…io , no signore mi sono dimenticato> rispose lui con il suo solito tono sottomissivo.

<bende? E a cosa mi servirebbero? io sto benissimo e non ho certo bisogno di bende e quant’altro!>concluse lei con una certezza su cui non era possibile replicare a nessuno , a nessuno tranne gehry il-ficcanaso < ragazza, e quale sarebbe questa missione così urgente da non permetterti neanche di farti curare?>

<innanzitutto io non mi chiamo ragazza ma clare e secondo questa è una missione top secret .a proposito , sentite un po’ , perchè non mi lasciate un attimo da sola con il signor padrone ?> 

<albert va benissimo>odiavo sentirmi chiamare signore padrone ma per i robot sarebbe stato ancora più difficile pronunciare il mio vero nome .

<bene bene bene >disse lei con un balzo dal letto appena i robot se ne erano andati < allora è lei il signor albert mqgon> annui con la testa 

<lei è fuggito dalla terra 20 anni fa durante una spedizione spaziale su nuovi pianeti , non è così?> annui nuovamente 

<in realtà non sono fuggito ma mi hanno mandato a morire in questo posto > conclusi con un tono di leggera ira 

<e per non essere così solo in un pianeta deserto ho deciso di crearmi degli amici/aiutanti di sembianze umane ma con meccanismi da robot >

< e si può sapere il motivo per cui non è voluto tornare sulla terra>

<semplice> risposi io < se veramente volevano che io morissi in questo meraviglioso pianeta beh io ho deciso di accontentarli . ho per questo deciso di non avvisare sulla capacità di vita per l’uomo su questo pianeta , su aaerf >

< a proposito di questo > mi disse lei con una sorta di malincuore a pronunciare quelle parole< in realtà la vita su aaerf non è possibile per un essere umano , ma solo per i robot >

< e con questo …> chiesi io terrorizzato < starei per morire?! io morire ?! ma come ?! maledetti quelli che mi hanno mandato in questo posto! >

<no no , albert no stai per morire è che …> si interruppe perché qualcuno aveva bussato alla porta  andai ad aprire , mi sentivo scioccato , come avevo fatto a non morire se non era possibile la vita su aaerf? I miei pensieri vennero occupati almeno per un po’ da gerry il-postino che come ogni lunasorta mi portava dei viveri di scorta . Quando ero arrivato su aaerf gerry era l’unico robot presente . Ho dovuto studiarlo per poi creane di nuovi come amanda e  fred. Quando gerry se ne fu andato clare mi si avvicinò e mi disse <albert tu sei riuscito a sopravvivere su questo pianeta perchè sei anche tu un robot . per esattezza un robot 34ty

< io un robot 34 ty , ma come è possibile che prima di finire su questo pianeta ero considerato un essere umano e non un robot ? chi è quel genio di inventore che ha permesso di mischiare razze umane con robot ?!> improvvisamente la porta chiusa alle nostre spalle si ribaltò

<SIGNORE PADRONE ANCHE LEI è UN ROBOT ?!> urlarono tutti spaventati ma allo stesso tempo felici .

< io sì sono un robot 34ty , e sì non sono un umano a quanto pare .> mi voltai in direzione di clare < e senti un po’ , che ci fai tu qui se sono un robot e non un umano da salvare ?>

<io,io , io sono il tuo inventore . la tua intelligenza è quasi superiore a quella umana . essi però non tolleravano un robot nella loro società per cui ti mandarono su aaerf convinti che non saresti più tornato >  

< e perché sei venuta a riprendermi ?>

<non sono venuta a riprenderti , sono qui per vivere su aaerf .anche io sono un robot, dopo poco tempo rinchiusa in prigione per averti creato mi hanno spedita su aaerf  insieme a i miei compagni che si sono uniti a me >

<quali compagni > urlò gehry il-ficcanaso

<anche tu sei un robot?!>dissi scioccato 

<ricordati che oltre a un robot sono anche tua madre >mi disse lei all’orecchio. 

legenda:

spider= veicolo simile ad un’auto per spostarsi per aaerf 

juyt= bevanda curativa tipica di aaerf

aaerf= pianeta sul quale vivono solo i robot e alcuni mostri 

igoku= mostro a tre occhi munito di zanne a sega elettrica e pelo spinoso del tutto innocuo per i robot perché si nutre solo di yui

goytre=mostro del tutto innocuo con occhi dolcissimi . di corporatura rotonda la sua abilità è quella di rotolarsi per liberare aaerf dall’inquinamento . 

yui=speciale erba nutritiva che cresce solo su aaerf

alloy street= quartiere dove è possibile acquistare tutto ciò di cui si ha bisogno 

lunasorta= il sole su aaerf non esiste . la luna svolge quindi il compito del sole sorgendo (lunasorta) e tramontando(lunatrama)

robot 34ty=un robot super avanzato con capacità intellettive sorprendenti

Elena Basso 3C

Tema di fantascienza

Era l’estate del 2021 quando lo incontrai.
Quel giorno, io e i miei amici, Elena, Gabriele, Lorenzo e Matteo, avevamo deciso di fare una gita in montagna. Mi svegliai verso le 7, feci colazione, preparai lo zaino e alle 8 il pulmino che ci doveva portare era già sotto casa con tutti i miei amici dentro. Ci stavamo dirigendo in un luogo nel quale andavo sempre con la mia famiglia quando ero più piccina. Il viaggio è durato circa due ore e all’arrivo ci siamo subito diretti verso l’inizio del sentiero, il quale ci portò ad un panorama a dir poco spettacolare, e i miei ricordi iniziarono a riaffiorare lentamente. In quello splendido lago, ogni mattina il sole sorgeva e si rifletteva sulle acque calme e cristalline. Poco lontano da noi si scorgeva una piccola casetta fatta in legno. Regnava la pace e il silenzio, con il sottofondo del fruscio degli alberi e il cinguettio degli uccelli.
Ci sistemammo a ridosso del lago ed essendo che faceva molto calmo ci buttammo in acqua.
Dopo circa mezz’ora di scherzi e divertimento io ed Elena tornammo a riva, mentre i ragazzi decisero di spingersi un po&#39; più all’argo. Quando tornarono notammo che Gabriele e Lorenzo portavano uno strano oggetto a dir poco enorme. Aveva la forma di un uovo ma i suoi colori erano incredibili.
Matteo ci raccontò che l’avevano trovato nel fondale del lago e che non avevano resistito nel prenderlo. Non avevamo idea di cosa fare. Pensammo di portarlo alla guardia forestale ma il luogo nel quale ci trovavamo era lontano da tutto e da tutti e l’uovo era troppo pesante; così arrivammo alla conclusione che era meglio
aspettare e vedere come la situazione si sarebbe e volta. Dopo qualche ora l’uovo iniziò a muoversi e pian piano a rompersi, eravamo tutti spaventatissimi. Con nostro grande stupore dall’uovo uscì una creatura mai vista prima: il suo corpo era molto simile al nostro ma decisamente più magro ed allungato; era basso e il colore della sua pelle era blu intenso, aveva due grandi e dolci occhi neri che coprivano la metà del viso a uovo. La sua testa era calva e nona aveva orecchie ma due fori all’estremità del viso. Sembrava molto fragile ed impaurito. Ci guardammo per qualche secondo. Non avevamo idea su cosa fare.
Ma una cosa l’avevamo capita, quell’essere non veniva dal nostro pianeta. Cercammo di avvicinarci a lui lentamente per fargli capire che non volevamo fargli del male.
Sinceramente fino a quel giorno avevo sempre pensato che gli alieni fossero esseri mutanti con tanti arti e la pelle squamosa ma lui sembrava così innocuo e carino. Si fidava di noi, me lo sentivo. Stemmo lì, seduti sull’erba ad immaginare da quale pianeta provenisse e come avremmo potuto fare per riportarlo a casa. Intanto gli demmo un nome: Clark.
Erano le quindici e trenta del pomeriggio quando Gabriele di accorse che una piccola palla grigia stava planando verso di noi, ci spostammo e appena si accasciò sul suolo si aprì e da essa uscì un ologramma. A parlare era un altro alieno, decisamente più grande di Clark, “probabilmente è un adulto” pensai. Ci parlò.
Stranamente sapeva la nostra lingua.
“Salve umani, sono Martok, re degli Kunoichi. Qualche giorno fa la mia sposa ha smarrito sulla terra una delle sue uova. Vi abbiamo osservati a lungo oggi e siamo giunti alla conclusione che, colui che chiamate Clark è nostro figlio. Tra poco atterreremo sulla terra e dovrete ridarcelo”.
Eravamo impietriti e spaventati, non sapevamo minimamente cosa aspettarci. I minuti sembravano non passare mai. Quando atterrarono con mio grande stupore non fecero molto rumore, scesero in
quattro dalla navicella: Martok, la moglie e altri due uomini armati, le loro guardie. Senza indugiare la moglie prese il figlio e corse sulla navicella. In quel momento Martok parlò:” Vi ringrazio per esservi presi cura di mio figlio, è ormai da secoli che il mio popolo studia la vostra specie ma non avevo mai avuto il piacere di incontrare degli umani dal vivo”.
Avevamo tutti milioni di domande in testa, ma prima che potessi proferire parola Matteo sbottò:” secoli? Da quanto tempo vivete?”, il re riprese:” il mio pianeta si chiama Cardassia, ha circa 300 milioni di anni in più rispetto al vostro, siamo la popolazione più vecchia di tutti gli universi. Abbiamo girato ogni galassia, vedendo imperi cadere e altri avanzare, abbiamo studiato ogni singola popolazione senza
mai farci scoprire e il nostro pianeta è decisamente il più avanzato. La nostra vita su Cardassia è molto diversa dalla vostra; col passare degli anni abbiamo notato che, dipendentemente dalla parte del pianeta in cui vivevamo, acquisivamo caratteristiche e qualità differenti, come il colore della pelle. Iniziammo a dividerci i compiti da svolgere proprio guardando questi particolari, ad esempio io sono il re degli kunoichi, ossia una popolazione di guerrieri; fin da piccoli i nostri figli vengono addestrati nell’arte del combattimento.
Ma basta chiacchere, ora devo proprio andare, il consiglio di Cardassia mi attende; vi ringrazio di aver badato a mio figlio senza fargli male ma dovete promettermi che non parlerete a nessuno del nostro incontro, altrimenti lo verrò a sapere e sarò costretto a cancellarvi la memoria.”
Facemmo un cenno con la testa e lo salutammo, in un batter d’occhio l’astronave partì e tutto sembrava già un ricordo. Alcuni di noi pensavano che fosse stato tutto un sogno o addirittura
un’allucinazione.

Sara Pennacchio 3C

Diario di un viaggio fantastico

13/04

Caro Diario,
ho appena preso un nuovo videogioco da Joe, si chiama ‘alla riconquista di Ezefor’ e mi piace già moltissimo. Nel gioco sono un soldato che deve sconfiggere enormi ragni cyborg e ritrovare l’ultimo pezzo di una ——– (sulla confezione non si legge bene, ma a me basta uccidere quelle bestiacce) per salvare quel mondo. Ora devo andare a mangiare, ma dopo cena ci giocherò.
A presto, Martin

14/04

Caro Diario, sono ad Ezefor.

18/04

Caro Diario, ora ho un momento libero, quindi riesco a scrivere.
Dopo cena, cinque giorni fa, ho giocato a questo gioco, ma appena ho premuto il pulsante d’inizio mi sono
catapultato nel suo mondo! Ora sono un soldato e devo combattere contro i ragni ogni giorno, ogni ora;
tranne quei pochi minuti che ci danno per mangiare, quelli che adesso sto usando per scrivere. Ho conosciuto il capitano, si chiama Henric Phenom e ci guida con saggezza, forza e decisione. Mi piace perché non mi urla contro ed è più gentile con me, chi ha mai visto un ragazzino di 13 anni combattere! Non ho ancora detto a nessuno che mi sono ritrovato per caso in questo mondo e che devo ritornare a casa, ma credo che lui sia la persona giusta a cui raccontarlo. Martin.

20/04

Caro Diario
finalmente stamattina ci hanno dato il cambio! Le truppe cambiano ogni dieci giorni e si vede che la mia ne aveva combattuti già 3 quando sono arrivato. Fortunatamente il Capitano Phenom è rimasto con noi e gli ho detto della mia situazione. Inizialmente non ci credeva, ma poi ha capito che facevo sul serio, così ha preso dal suo zaino una specie di pietra con un pulsante, poi lo ha spinto ed è uscito fuori un ologramma. Questo ha mostrato la storia del pianeta, mentre il capitano la raccontava.
Una volta esisteva un re, rispettato e amato da tutti, che aveva colmato il regno di pace e serenità. Questo
re aveva una collana che non toglieva mai e giravano voci che fosse proprio quella a far sì che il regno fosse
pacifico e felice. Quando lui morì questa si spezzò in quattro parti che andarono in quattro posti del mondo,
chiunque le avesse trovate tutte, sarebbe diventato il prossimo re. Un professore pazzo che voleva esserlo
a tutti i costi modificò i ragni che vivevano nei boschi in creature capaci di obbedire ai suoi ordini, così avrebbero potuto diventare il suo esercito e gli avrebbero portato i pezzi della collana; ma l’esperimento gli sfuggì di mano: i ragni si ribellarono al suo comando, lo uccisero, si moltiplicarono e presero il controllo del
mondo cambiando la pace con terrore. I soldati cercavano di sconfiggerli e trovare i pezzi della collana; li
avevano cercati in lungo e in largo e ne avevano trovati 3, ma dell’ultimo non c’era traccia. Finita la narrazione mi ha fatto giurare di non rivelare a nessuno quello che mi stava per dire; poi mi ha sussurrato all’orecchio di essere sicuro che l’ultimo pezzo fosse nel nido dei re dei ragni nella regione di Tuma e che trovarlo e riportare la pace nel regno fossero la chiave per farmi tornare a casa. A quel punto lo hanno chiamato per formare il successivo piano d’attacco, così sono tornato nella mia tenda dove ora sto scrivendo. Ho già in mente come recuperare l’ultimo pezzo; glielo mostrerò domani.
A presto, Martin

22/04

Caro Diario
sono sull’astronave GAMMA74 in viaggio con il capitano verso in nido, che è letteralmente dall’altra parte
del mondo. Non ero, come tu ben sai, mai stato su un’astronave ed è veramente spaziale! Ci sono tantissimi pulsanti; maniglie e levette, moltissima attrezzatura tecnica e cose che mai avrei pensato di vedere, come l’afflosciatore elettrico o il fermacammino portatile. Phenom mi ha detto che arriveremo domani mattina e che farei meglio ad essere già pronto quindi ora vado a dormire.  Martin.

25/04

Caro Diario
siamo qui ormai da tre giorni e non abbiamo ancora trovato il pezzo mancante. Bisogna indossare la maschera antigas perché l’aria è tossica e spuntano ragni cyborg enormi da ogni angolo. Io sono nel nostro accampamento, cioè una vecchia tana scavata sotto terra, mentre il Capitano è tornato alla nave per prendere la collana perché crede che ci sia un indizio. Ce la faremo. Martin.

27/04

Caro Diario,
l’abbiamo trovato! È successo tutto così velocemente che non sono riuscito a scrivere, ma ora che stiamo tornando al campo con GAMMA74 ho tutto il tempo per aggiornarti. Ieri notte è tornato il capitano con la collana, che brillava! Mi ha spiegato che se lo faceva il pezzo era vicino, così siamo usciti a cercarlo. Abbiamo girovagato fino all’alba non trovando niente; ma quando il primo raggio di sole ha colpito la collana da lei è partita una strada dorata. Il sentiero è sparito davanti ad un nido gigante di ragno cyborg, dove siamo dovuti entrare. Lì dentro c’è stata una battaglia epica, abbiamo affrontato circa quaranta ragni e uno mi aveva quasi catturato, ma il capitano mi ha salvato. Ad un certo punto è arrivato il re dei ragni dietro a Phenom e gli ha iniettato il suo veleno nel braccio. Io non ci ho più visto, così gli sono saltato addosso e con le tenaglie ho iniziato a tranciargli tutti i cavi, quando ho intravisto il suo cavo vitale. Ho aperto un varco nel suo enorme corpo e l’ho tagliato. Appena si è rotto da questo è uscito l’ultimo pezzo della collana e quando l’ho unito agli altri sono partite delle onde potentissime che, come per magia, hanno ritrasformato i ragni cyborg nei normali ragnetti e hanno curato il capitano dal veleno mortale. Sono così felice! Martin.

14/04

Caro Diario,
sono a casa!!!
Quando siamo arrivati all’accampamento tutti ci hanno accolti come salvatori e hanno proclamato Phenom
re. Come ringraziamento per averlo salvato e come regalo d’addio mi ha dato la collana, perché secondo lui la pace la portano le persone, non gli oggetti. Appena me la sono messa al collo sono tornato qui, a casa; ma non il 29 aprile, bensì la mattina dopo che avevo giocato con quel gioco. Stranamente è sparito dalla mia console; ma al posto di un videogioco di guerra ho una collana della pace di un mondo fantastico e un viaggio strepitoso nei miei ricordi. A presto. Martin

Giulia Alzani 3C

23 maggio 2902
La vita sull’astronave da carico Galileo è monotona e spartana. I passeggeri devono seguire regole inderogabili e vivere in spazi ristretti. Per fortuna, la gravità sulla nave è molto simile a quella della Terra, per cui non siamo costretti a muoverci con capriole e balzi. Solo i bambini sfuggono spesso al controllo dell’equipaggio per addentrarsi nelle zone di carico, dove la forza di gravità è inferiore e possono divertirsi con piroette e acrobazie. Siamo partiti da Marte sette mesi fa e, con qualche altro salto in iperspazio, arriveremo su Io tra qualche giorno. Il mio compito sulla nave è quello di assistere i passeggeri nei loro compiti quotidiani; la mia specializzazione in scienza dell’adattamento mi permette di evitare piccoli disagi, che possono derivare dalla convivenza forzata in condizioni non sempre agevoli. Al nostro arrivo, il mio compito sarà più impegnativo, ma per ora è inutile preoccuparsi. Io è stato scelto dagl’istituti spaziali della Terra come possibile colonia per l’uomo: la Terra è ormai allo stremo e già da decenni l’umanità si sposta in ogni luogo adattabile all’uomo. Nel sistema solare non esisteva pianeta o satellite adatto in natura alla vita umana, ma la scienza del venticinquesimo secolo ha fatto passi da gigante ed è stato possibile costruire un’atmosfera accettabile per permettere all’uomo di colonizzare il territorio. Con lo spargimento dei microbi e dei virus adatti, gli elementi chimici si sono trasformati in ossigeno e idrogeno, hanno dato vita alla formazione dell’acqua, al suo ciclo vitale e quindi alla nascita della vegetazione. Questo processo è durato circa quattrocento anni, grazie al lavoro dei nostri amici Robot, che possono funzionare ovunque e garantire la massima efficienza. I rapporti e le immagini pervenuti sulla Terra negl’ultimi anni hanno riscontrato buone condizioni per l’inizio della colonizzazione. Gli alloggi per i passeggeri sono pronti, l’aria è respirabile e la vegetazione è rigogliosa. Non dobbiamo aspettarci gli alberi e le piante della Terra, ma quelle di Io, anche se geneticamente modificate, svolgono il loro compito essenziale, quello di produrre ossigeno. Anche parlare di Robot è riduttivo; è meglio considerarli intelligenze artificiali dotate di un esoscheletro resistente a tutto.
26 maggio 2902
Siamo sbarcati da poche ore. Ho trovato gli alloggi accoglienti e i Robot molto efficienti. L’inizio sarà faticoso, tutti devono svolgere il proprio compito e forse riusciremo presto a colonizzare Io. C’è chi si occupa dei viveri, chi programma i Robot, chi scolarizza i giovani, i quali studiano soprattutto la scienza e la tecnologia. Le opere antiche dei poeti, sfortunatamente, sono andate distrutte ed ora scrivere è quasi superato. Solo i Robot sono abili in questo ambito e grazie a loro riusciamo ad inviare lettere anche dall’altra parte di Io. Comunicare non è difficile, perché ormai l’unica lingua parlata è l’inglese. Solo alcuni saggi anziani conoscono altre lingue e le insegnano solo ai giovani più intelligenti, perché difficili da comprendere. Il ruolo più importante però è svolto dai Robot architetti, le macchine più intelligenti di cui disponiamo. Essi sono dotati di un nucleo potentissimo, che è il loro cervello e la loro fonte di conoscenza. Le informazioni viaggiano a velocità smisurata nei loro nuclei e così riescono a costruire abilmente tutto quello che i programmatori ordinano.
25 giugno 2902
Sono passate alcune settimane. Il pianeta è accogliente e, da qualche giorno, è iniziata anche la costruzione di UG76, la prima città su Io. E’ destinata a diventare un ottimo luogo dove vivere, grazie al lavoro impeccabile dei Robot. La città disporrà di tanti negozi, farmacie, uffici, banche, bar, ospedali e scuole. L’istruzione e la salute sono importantissime se si vuole migliorare Io. Io vivo nella parte centrale del satellite.
Condivido il mio alloggio con un programmatore di nome Robert, il quale mi racconta continuamente storie sui Robot e mi spiega come sono formati. Da qualche giorno però mostra un atteggiamento cupo, riservato e rabbioso nei miei confronti e questo è strano, perché egli è sempre stata una persona solare e calma. Non solo lui è diverso, anzi, molte persone sono strane e non si presentano sul posto di lavoro, sono contrarie a qualunque cosa e svolgono male i propri compiti. Alcuni se ne sono accorti e voci sono iniziate a girare, ma ormai nessuno ne parla più. Controllerò più attentamente Robert e tutti gli altri e cercherò degli indizi.
28 giugno 2902
La scorsa notte, sconsolato e abbattuto per non aver trovato ancora niente, mi sono recato all’esterno del mio alloggio per camminare un po’ e ho visto una cosa assurda e spaventosa. Due Robot si sono introdotti in un alloggio, hanno catturato una persona, addormentandola con un sonnifero potentissimo, e l’hanno portata dall’altra parte di Io, dove hanno costruito una base segreta. Li ho seguiti e sono riuscito ad inoltrarmi nella base. Qui, ho visto che inseriscono una specie di microchip nelle loro teste, assumendone il
controllo. Non era possibile che i Robot avessero violato una regola fondamentale, se non la più importante, ossia quella di non recare danni di nessun tipo al genere umano. Volevo saperne di più e ho cercato in tutta la base. Stavo per rassegnarmi e ritornare a casa, quando ho sentito una voce umana provenire da un laboratorio. Mi sono affacciato con attenzione e ho visto un nostro programmatore parlare con dei Robot, ordinando loro di andare a catturare altre persone. Il programmatore, di nome Stan, è sempre stato un mio
caro amico e non pensavo avesse piani malvagi. Non c’è spiegazione, devo fermarlo, ma in che modo?
4 luglio 2902
Ho pensato senza sosta per trovare un modo per fermare i Robot, ma i miei piani sono destinati a vacillare. Solo una cosa mi ha dato speranza: conducendo una ricerca, ho scoperto che alcuni viaggiatori, durante un’escursione si sono imbattuti in alcuni pirati spaziali e la loro navicella è stata danneggiata. Atterrati su un pianeta sconosciuto e senza ossigeno, erano sul punto di morire, quando sono stati salvati da “creature non umane”, come riportato sulla loro dichiarazione. Sospetto che siano alieni, secondo me i soli ad aver una tecnologia più avanzata rispetto a quella dei Robot. Ho deciso perciò di partire per quel pianeta, ma per farlo mi serve un’astronave. Ho già chiesto aiuto ad un mio amico pilota, il quale ha accettato di aiutarmi, in quanto io non so pilotare un veicolo di questo tipo. Perciò, partiremo domani con la sua navicella.
3 agosto 2902
Siamo finalmente arrivati e ne siamo felici, ma nello stesso tempo non abbiamo notizie di Io: in un mese possono succedere tante cose… Poiché l’aria di questo pianeta non è respirabile, ci siamo dotati di tute spaziali all’avanguardia. Atterriamo in una zona deserta per sicurezza, ma ora siamo in cerca degli abitanti di questo piccolo pianeta.
5 agosto 2902
Dopo alcuni giorni, siamo stati trovati da due individui strani che ci hanno scortati fino ad una base, fino ad allora invisibile. Qui, ci hanno fatto entrare in un piccolo stanzino assolutamente spoglio, dove siamo stati raggiunti da un altro personaggio che sembrava molto autorevole. Egli, il solo capace di comprenderci, ci ha interrogato con gentilezza sui motivi per cui eravamo sbarcati sul suo pianeta. Noi gli abbiamo spiegato l’accaduto e gli domandammo se il suo popolo poteva aiutarci. Dopo aver pensato un po’ e comunicato con un suo superiore, ci ha detto che ci avrebbero aiutato, anche perché i Robot, sicuramente, una volta assoggettato Io, avrebbero sicuramente cercato di espandere la loro egemonia su altri mondi. La loro flotta è stata preparata in poco tempo e siamo partiti qualche giorno dopo. Hanno imbarcato la nostra navicella nella loro nave madre e ci hanno garantito l’arrivo in poco tempo.
14 agosto 2902
Al nostro arrivo, i nostri amici alieni hanno attaccato per prima cosa la base segreta dei Robot, che non si aspettavano un’incursione nemica. Nel tentativo di fermare le forse aliene, i Robot sono usciti quasi tutti dalla base e sono stati distrutti. Contemporaneamente, un gruppo di alieni, accompagnato da me, è riuscito ad introdursi nella base e a trovare Stan, che si era barricato nel suo laboratorio. Io gli ho comunicato che ormai i suoi Robot erano sconfitti e che lui non aveva scampo. Quindi lo ho invitato ad uscire per evitare qualsiasi spargimento di sangue. Lui era allo stesso tempo terrorizzato e furibondo; si rifiutava di uscire a costo della morte. Abbiamo dovuto sfondare la porta e catturarlo con la forza. Lo abbiamo portato alla citta UG76 e con l’aiuto degli alieni abbiamo cominciato il riconoscimento degli umani ai quali era stato installato il microchip e la rimozione dello stesso. E’ stato un lavoro lungo e delicato, ma alla fine siamo riusciti nel nostro intento. Senza i Robot, il nostro lavoro di colonizzazione ci pareva impossibile, ma poi siamo stati aiutati dagli alieni. Stan è stato all’esilio su un pianeta lontano e disabitato e da quel momento non ci sono stati più problemi.

Catellani Dario Massimo 3C