Favole e fiabe

Cappuccetto Rosso nel XXI secolo

Un giorno Cappuccetto Rosso, così chiamata per la sua felpa rossa che non toglieva mai, andò a portare la password di “NETFLIX” alla nonna che non la ricordava più.  Decise quindi di uscire di casa in anticipo per poter fare un giro in centro approfittando del Black Friday. Mentre camminava, incontrò un lupo che vedendola le chiese: “Cosa fai qui da sola bella bambina?” Cappuccetto gli rispose: “Prima di tutto non sono una bambina perché ho 12 anni! Comunque sto andando dalla mia nonna.” Il lupo sentendo questa informazione la seguì fino alle vicinanze della casa della nonna e quando Cappuccetto entrò, ancora una volta, in un negozio lui si intrufolò nella casa della nonna due portoni più avanti senza bussare. Appena entrato, il lupo si trovò davanti la nonna che guardava “Pomeriggio cinque” mentre faceva aerobica. Disgustato, il povero lupo scappò a gambe levate. Cappuccetto trascorse ancora tre ore a fare shopping e dopo aver comprato un intero negozio, si diresse a casa della nonna. Giunta a destinazione, bussò alla porta ed entrò, e grazie alla password che fu subito inserita, poté finalmente guardare tutta la serie del “Segreto” assieme alla nonna.

Rachele Zanni Campioli 1B

Cappuccetto Rosso racconta al figlio

Una sera da una casa si sentì: “Mamma! Non riesco a dormire!” Così disse un piccolo  bimbetto alla povera madre. La donna corse subito in camera per provvedere a far  dormire il figlioletto capriccioso e gli disse paziente: “Tesoro, è tardi e sai che  domani, se vuoi andare a giocare con i tuoi amici, devi essere scattante e riposato”.  Il piccoletto incrociò le braccia e piagnucolò: “Ti prego, ti prego raccontami una  storia, ti prometto che dopo dormirò e non farò più i capricci”.  La madre allora, si sedette sulla poltroncina di fianco al letto e cominciò a  raccontare: “Devi sapere, che quando ero poco più grande di te, mi chiamavano tutti  Cappuccetto Rosso perché la mia cara nonnina mi aveva tessuto una mantellina  tutta rossa che mi piaceva così tanto che non volevo toglierla mai. Un giorno la  mia mamma mi disse di portare alla nonna malata un cestino dove erano contenuti  una focaccia e una bottiglia di vino. Ella mi fece un sacco di raccomandazioni, io  annuii infastidita perché sapevo che non dovevo lasciare il sentiero e cose varie.  Era mattino presto, il sole splendeva ridente e il bosco sembrava un giardino delle  meraviglie, con tutta la rugiada che si era posata sulle foglie e sui fiori. Avevo una  voglia matta di raccoglierli, ma, ricordando ciò che mi aveva detto mia madre, mi  trattenni. Percorsa un po’ di strada, sentii uno scalpiccio provenire da dietro un  cespuglio, ma non mi preoccupai più di tanto perché sapevo che il bosco non era  disabitato. Ad un tratto, da dietro un albero, spuntò un grosso lupo. Esso non  faceva paura, anzi mi stava simpatico. Fece segno, con la grossa zampona, di  stare tranquilla e mi si avvicinò. Mi chiese perché mi stavo aggirando tutta sola  nella foresta e dove ero diretta con quel cestino pieno di cose buone. Io gli risposi  che ero diretta a casa della mia nonnina ammalata per portarle della focaccia e del  vino. Non ebbi timore di dirglielo perché la mamma non mi aveva detto di non dare  retta ai lupi brutti e cattivi e poi, se quello mi avesse voluto mangiare, avrebbe  potuto farlo subito, quindi pensai che non era cattivo. Percorremmo un po’ di  strada assieme, poi lui mi disse che se avessi portato un po’ di fiori alla nonna,  sarebbe stata molto contenta e mi indicò un punto del bosco ricchissimo di fiori e  margherite. A quel punto cedetti alla tentazione di raccogliere i fiori, mi chinai e  cominciai a fare un bel mazzetto. Il lupo, ad un certo punto, mi disse che era molto  indaffarato e che doveva andare, si raccomandò però di salutargli la nonna e sparì  più veloce del vento.   Persi la cognizione del tempo e quando mi accorsi che era quasi ora di pranzo, mi  sbrigai a finire il regalo e allungai il passo. Quando arrivai davanti alla porta della  piccola casetta, bussai e a rispondermi fu una voce assai roca e strana che mi  intimò di tirare la stanghetta di fianco alla porta, in modo che si aprisse. Il letto era  in penombra e le finestre erano sbarrate. Dissi alla figura incappucciata, sdraiata  nel letto, che ero la sua nipotina e visto che era malata le avevo portato un po’ di  cibo in un cestino. Mi avvicinai al letto e, un po’ insospettita, chiesi perché aveva le  braccia così tozze, lei mi rispose che erano per abbracciarmi meglio. Le feci  un’altra domanda: perché aveva gli occhi così grandi?. Lei mi rispose che erano  per vedermi meglio. Feci altre domande e quella sagoma nel letto rispondeva  sempre pacatamente trovando delle scuse. Alla fine, nella penombra, intravidi dei  giganteschi denti aguzzi, che erano situati in fauci ancora più grandi, cominciai a  pensare che la mia cara nonnina fosse vittima di una spaventosa metamorfosi. 

Balbettando glielo feci notare… non l’avessi mai fatto! Dal lettuccio si sentì un  ringhio e una spaventosa bestia, travestita da anziana, si alzò e si mise a  rincorrermi. Si strappò le vesti e lo riconobbi: era il lupo che avevo conosciuto nel  bosco! Aveva una grossa pancia…e fu allora che capii: mia  nonna era lì dentro! 

Passammo molto tempo a correre nella casetta, tanto che non ce la feci più,  inciampai e rovinai sul pavimento scheggiato e cigolante: ero morta e percepii  possenti mandibole addentarmi, ma non sentii dolore perché il lupo deglutì mandandomi  giù intera. Dopo poco tempo mi ritrovai faccia a faccia con la mia vera nonna, che  mi abbracciò. Le spiegai tutto per filo e per segno e lei mi rispose che dovevamo  avere speranza, perché prima o poi qualcuno ci avrebbe salvate. Fuori, ad un certo  punto, si sentì uno sparo e capimmo che il nostro assalitore era stramazzato a  terra. Poi un grosso coltellaccio mi sfiorò il naso e squarciò la pelle della bestia  permettendoci di uscire. Eravamo un po’ tramortite, ma riuscimmo ugualmente a  vedere il nostro salvatore: egli era un povero cacciatore, amico di mia nonna, che,  sentendo del rumore, era entrato in casa e aveva ammazzato il lupo. Rimanemmo  un po’ di tempo a festeggiare, poi, a malincuore tornai a casa. Felice e saltellante  raccontai la vicenda alla mamma che, ovviamente, mi rimproverò; tuttavia non mi  sembrava che avesse creduto fino in fondo a tutta la storia”. E fu così che la donna  concluse la favola. 

Il figlio, tutto eccitato, le fece un sacco di domande e disse: “Io, se  mi fossi trovato faccia a faccia con quel lupaccio, gli avrei dato un bel calcione  negli stinchi e avrei continuato finché non fosse scappato a gambe levate! Poi non  avrei avuto paura a finire nella sua pancia, tanto c’era il cacciatore che mi avrebbe  salvato”.  

La madre, però, non condivise quell’ultima frase e rispose: “Non scordare che la  fortuna non è sempre lì ad aiutarti: io sarei morta se non ci fosse stato il  cacciatore. Tesoro, non andarti a cacciare nella foresta domani. Ti ho raccontato  questa vicenda per farti capire di non dare mai retta agli sconosciuti, a differenza di  me, che sono stata sciocca”. Così concluse dicendo: “Buonanotte piccolo mio,  sogni d’oro”. Il bambinetto sbadigliò e bofonchiò: “Buonanotte mamma”, e spense  la luce.

Sara Favali 1B

La storia di Cappuccetto Rosso raccontata dalla nonna

Ciao, sono la nonna di Cappuccetto Rosso. Abito in una vecchia e piccola casetta nel bosco, che mantengo da sempre linda e ordinata. Dentro questa casa ne ho vissute di tutti colori, ma l’episodio più strano e spaventoso
accadde qualche anno fa con la mia nipotina Cappuccetto Rosso. Da alcuni anni avevo iniziato ad indebolirmi a causa della vecchiaia. Così, per ritrovare un po’ di vigore, chiamai mia figlia e le chiesi se poteva mandare Cappuccetto Rosso con un cestino colmo di medicine. Mia figlia accettò e mi disse che la mia nipotina sarebbe arrivata il mattino seguente. Il dì successivo mi svegliai prestissimo per accoglierla affettuosamente. Dopo qualche ora, però, Cappuccetto non si era ancora presentata. Così iniziai a lamentarmi: “Ha proprio preso da sua madre! Mai una volta in anticipo o puntuale! Appena arriverà la sgriderò per bene, così vediamo se oserà arrivare un’altra volta in ritardo!”. Tornai a letto, ma, dopo qualche minuto, sentii bussare alla porta e chiesi: “Chi è?”. Mi rispose una voce profonda e rauca: “Sono Cappuccetto Rosso, nonna, ti ho portato le medicine. Fammi entrare!”. Io, per sicurezza, le chiesi: “Perché hai quel brutto vocione?”. Mi rispose: “Ho mal di gola! Dai, fammi entrare!”. Così tolsi il catenaccio e, appena la porta si aprì, vidi un orribile lupo con le fauci spalancate che si lanciò su di me e mi mangiò in un sol boccone. Dopo un secondo mi ritrovai dentro un viscido, peloso e maleodorante pancione.
Un quarto d’ora dopo, sentii il lupo parlare con qualcuno e dopo cinque minuti vidi di fianco a me Cappuccetto terrorizzata. Le chiesi: “Come fa quel lupo a sapere dove abito? Ma soprattutto, come fa a conoscerti, dato che vi ho sentito parlare insieme?”. La mia nipotina quindi mi rispose: “L’ho incontrato lungo il sentiero nel bosco e mi ha chiesto cosa facessi lì da sola. Gli ho spiegato che stavo venendo a trovarti e lui prontamente mi ha ingannata indicandomi la strada più lunga”. Qualche ora dopo aver terminato il litigio con mia nipote, finalmente la pancia del lupo si aprì e con grande stupore vedemmo il cacciatore, che ci fece uscire. Io gli chiesi come aveva fatto a trovarci e lui rispose: “Oggi non ti ho vista passeggiare, allora sono entrato per controllare che tutto andasse bene”. Poi aggiunse: “Inoltre, mentre tagliavo la pancia del lupo ho pensato ad un piano per sistemare per sempre questo furbacchione: gli mettiamo dentro al ventre dei pietroni e poi lo ricuciamo, così morirà, perché, quando si sveglierà e andrà via, il peso dei sassi lo farà cadere nel ruscello lì vicino e così annegherà”. Così mettemmo subito in atto il piano, che finì proprio come aveva previsto il cacciatore. Quest’ultimo, così, se ne andò ed io e Cappuccetto lo ringraziammo. Poi, lei mi diede finalmente le medicine e se ne andò.

Gabriele Bovina 1B