Ricorda soloSono un ragazzo intelligente, do sempre una risposta a tutto, o almeno era così. Non riuscirò mai a dare una risposta a ciò che mi è accaduto, è talmente assurdo che chiunque impazzirebbe; anche perché tutti credono nella normalità, ma nel surreale? Certe cose non possono essere risolte da qualche calcolo matematico o radice quadrata, certe cose non si risolvono e basta. È pomeriggio presto e per domani ho molti compiti, nonostante questo sono ansioso di vedere Chiara, la ragazza più bella e intelligente che io conosca. Così le scrivo un messaggio in cui le chiedo se ha voglia di studiare assieme. Mi aspetta già pronta a casa sua, quindi mi avvio. Passiamo il pomeriggio tra pagine sottolineate e qualche chiacchiera. Arrivato il momento di tornare a casa, saluto Chiara ed esco da casa sua. C’è freddo, nonostante non sia ancora autunno. Il sole sta calando e i suoi raggi si riflettono sulle onde del mare. Decido di andare a fare una passeggiata al porto, giusto per liberarmi la mente dai troppi pensieri. Nel porto c’è una passerella che non ho mai notato, sembra un posto tranquillo. Vado a sedermi circa a metà e mi godo il paesaggio. Noto che c’è una conchiglia di fianco a me, lì, piccola e delicata mi guarda, come se volesse essere raccolta. Sto per toccarla quando sento una strana sensazione, il vento inizia a soffiare e le onde si fanno più alte. Sarà lo stress, ora basta pensare. Raccolgo quella dannata conchiglia e decido di tornare a casa. Quando mi giro incrocio lo sguardo con quello di un uomo alquanto strano, vestito completamente di nero e con il volto coperto quasi del tutto dall’ombra dell’elegante cappello, che lo rende ancora più misterioso. Sembra comparso dal nulla, prima non c’era. Faccio finta di niente e continuo a camminare. Questa notte la passo insonne, senza fare niente, senza pensare. Mi sento la testa pesante e la sensazione che non sarei più riuscito ad alzarmi; dopo qualche ora riesco a prendere sonno. La mattina mi preparo e vado a scuola. Mentre cammino sul marciapiede con lo zaino in spalla rivedono l’uomo vestito di nero, bah, forse abiterà nelle vicinanze. Sta attraversando la strada senza nemmeno guardare, un’auto lo sta per investire e non rallenta, sembra quasi che non lo veda. Lui ormai è dall’altro lato della strada e la macchina passa come se nulla fosse. I guidatori di oggi sono davvero spericolati. Mi guardo il polso, l’orologio segna le otto e un quarto. Sono in ritardo. Corro più veloce che posso ed entro a scuola. Dopo sei ore di lezioni impegnative esco dalla classe sperando di vedere Chiara, è lì davanti a me che cammina per il corridoio insieme ad una ragazza che conosco fin da piccola. Decido di andare a salutarle. Chiara ha un paio di jeans e una felpa grigia, profuma di rose. Mi domanda come sia andato il compito di matematica, quando rivedo l’uomo in nero fuori dalla scuola. Inizio a spaventarmi, ma potrebbe essere comunque una coincidenza, non ci penso e continuo a parlare con Chiara. L’altra ragazza ci interrompe e mi chiede: – Tu chi saresti? – Ma come? Sono Thomas! Ci conosciamo fin da piccoli! – Mi spiace, devi avere sbagliato persona. Sento di nuovo quella sensazione, quella che avevo sentito quando avevo toccato la conchiglia. Non sono l’unico turbato, anche Chiara non ci crede. Ci scambiamo uno sguardo preoccupato e poi decido di tornare a casa. Mamma sta preparando da mangiare, mentre papà è a scuola perché fa dei corsi di matematica avanzata. Chiara frequenta le sue lezioni. Arrivato in camera mi butto sul letto, mi sento così pesante, allo stesso tempo però so che potrei volare via con un solo filo di vento, ma è come se qualcosa mi trattenesse qui. Controllo il cellulare e Chiara mi ha mandato un messaggio in cui mi chiede se per caso abbia preso io il suo compito di matematica. Controllo e sì, l’ho io. Vado fuori e prendo la bici per fare prima. Mangerò più tardi. Ora ciò che mi importa è riportare il compito di matematica a Chiara. Il cielo è cosparso di nuvole, credo che fra poco verrà a piovere, non importa. Pedalo più velocemente e dopo aver legato la bicicletta mi accorgo che l’uomo misterioso è di fronte all’entrata della scuola che mi osserva, sembra quasi un’ombra. Inizio a preoccuparmi, il cuore mi batte a mille e l’adrenalina è già in circolo, inizio ad ansimare e a sudare come se avessi fatto non so quanti chilometri di corsa. Prendo fiato e cerco di calmarmi, faccio uno scatto per entrare a scuola senza essere toccato da quell’ombra. Sembra resta fermo, mi osserva solo. Preso dal panico comincio a correre per il corridoio e cerco l’aula di mio padre, ma mi scontro con un mio compagno di classe e gli chiedo se sa dove sia l’aula di mio padre. Lui mi guarda come se stessi delirando: – Scusa, come ti chiami? Di nuovo quella sensazione, non è possibile. La gente si sta dimenticando di me, mi scorderanno tutti. Con quale logica? Se prima era nervoso ora lo sono il doppio. Mi sento smarrito. Riprendo a correre e a cercare disperato mio padre. Finalmente lo vedo seduto alla cattedra di un’aula. Un sospiro di sollievo allevia le mie preoccupazioni e inizio a spiegargli tutto balbettando. Lui mi ferma e prova a calmarmi: – Tranquillo, ci sono qui io, stai calmo. Perché non mi dici come ti chiami? Queste parole mi colpiscono come coltelli al petto, ad un certo punto quel mio sguardo pieno disperanza inizia a perdersi. Come può avere un senso tutto questo caos? Sono solo, nessuno si ricorda di me, sono rumore quando tutto tace. Sono l’unico tra tutti che sa di esistere e di essere stato dimenticato completamente. La voce di Chiara mi salva. Mi chiama per nome, si ricorda ancora di me! Forse c’è una nuova speranza! Vado da lei e le racconto tutto. Le sembra così surreale, mi si fida di me e mi crede. Le dico che è meglio scappare, allora raggiungiamo di corsa la mia bicicletta, che ha un portapacchi su chi Chiara si può sedere. Mentre cerco le chiavi in tasca tocco qualcosa di piccolo, mi ritrovo in mano la conchiglia, è stata lei l’inizio di tutto, se ora la rompo magari tutto tornerà alla normalità, riavrò la mia vita. La butto per terra e con il piede la schiaccio. È troppo tardi, l’uomo in nero avanza lentamente verso di noi, chiedo a Chiara se lo vede, ma lei mi dice che non c’è assolutamente nessuno. Non posso più sfuggire al mio destino, in tutta tranquillità prendo le mani dell’unica persona di cui potrei vantarmi, la guardo negli occhi e le dico: – Chiara, verrò cancellato e ti scorderai di me. Tu trova il modo di ricordarmi, ok? Ricorda i nostri pomeriggi insieme, le nostre passeggiate, le ore passate a chiacchierare al telefono. Ricorda solo, ricorda che ti amo – Vedo le lacrime riempirle gli occhi, mi strige le mani come non ha mai fatto. L’ombra è ormai davanti a me con un ultimo sguardo faccio segno a Chiara di andare via. Lei oppone resistenza, ma alla fine si allontana con un’espressione distrutta. L’uomo in nero mi guarda e allunga il braccio, mi sfiora la fronte con la mano. Stringo gli occhi pensando di morire ma non succede niente, li riapro e l’ombra non c’è più, io sono vivo. Però mi sento diverso, non mi sento in me, mi do un’occhiata. Ora l’uomo in nero sono io. Laura Brighi 3D |