La cultura può uccidere? Il racconto giallo della 2E

Scrivere un racconto giallo non è affatto semplice: il rischio di deludere il lettore con schemi narrativi banali è sempre dietro l’angolo.
Si tratta di un genere letterario che richiede una progettazione attenta e rigorosa, in cui nessun dettaglio può essere lasciato al caso e in cui l’autore non può ricorrere a scorciatoie per risolvere la vicenda: sono banditi gli eventi sovrannaturali o paranormali, i sosia o i fratelli gemelli dell’ultimo minuto e – anche se la tentazione è forte – i passaggi segreti e le stanze nascoste. Insomma: la storia deve essere credibile.

Nonostante questo, la classe 2E si è tuffata nel percorso sul genere giallo con grande entusiasmo. Dopo qualche settimana dedicata alla lettura, in cui gli aspiranti giallisti si sono confrontati con i grandi autori del genere, sono iniziate le prime prove di scrittura: prima trasformando le famosissime strisce investigative de La Settimana Enigmistica in racconti, e poi lavorando tutti insieme alla stesura di un racconto originale ambientato fra le mura del Sacro Cuore. La pianificazione corale della storyline ha consentito agli studenti di cogliere l’importanza di questa fase di pre-scrittura, e la discussione collettiva ha permesso loro di interrogarsi e confrontarsi sulla coerenza del testo in cantiere.

Alla classe è stato poi proposto di realizzare un breve trailer che presentasse questo racconto, con l’obiettivo di esercitare anche le competenze artistiche e digitali: come tradurre in immagini le parole scritte, comunicando lo stesso senso di inquietudine, di concitazione, di pericolo? Quale  tipo di inquadratura adottare per lasciare intatto il senso di mistero, quale velocità di riproduzione, quale prospettiva?

Qui trovate il risultato di queste settimane di lavoro: a nostro avviso, la prova è stata superata a pieni voti!

La cultura può uccidere

 Gli studenti della 2E chiacchieravano tranquillamente in classe in attesa della professoressa Turci, quando un urlo agghiacciante riecheggiò nei corridoi del Sacro Cuore. Un silenzio di tomba scese nell’aula.

–  Avete sentito anche voi? – sussurrò Emma.

–  Qualcuno avrà tirato lo sciacquone per meno di quattro secondi, scatenando l’ira della bidella Katia – disse Alessandro, con la sua solita ironia.

Il “dlin dlon” dell’altoparlante interruppe i loro pensieri. “A tutti gli studenti: non uscite dalle vostre classi. C’è stato un piccolo incendio, ma non allarmatevi: è tutto sotto controllo. A breve, qualcuno verrà a prendervi per accompagnarvi all’esterno”.

Andrea fece roteare in aria la sua bottiglietta d’acqua, fedele compagna di giochi, ed esclamò: – Si va a casaa!-. Altri iniziarono a ballare la macarena per festeggiare.

Ambra, però, era pensierosa. – Qualcosa non torna: se davvero c’è stato un incendio, perché non è scattato l’allarme?

–  Andiamo a vedere cosa succede – decise Edoardo.

Mazzeo e Nicola si unirono alla spedizione. Attraversarono velocemente il corridoio. Sembrava che nessuno si fosse accorto di loro, quando la professoressa Magni, sulla soglia della 2A, mani sui fianchi e sguardo arcigno, tuonò: – What are you doing?! –

Mazzeo, con la sua solita sfrontatezza, rispose: – I’m… dover prendere… my book in the armadiet-. La Magni scosse la testa e si batté la mano sulla fronte. – Good pronunciation… Muovetevi e tornate in classe. E studiate.

I tre finsero di armeggiare con i loro rispettivi armadietti, e quando la prof. si girò per tornare in classe corsero verso la scala, quatti quatti. Le aule del piano terra erano già state evacuate. – Via libera!- disse Nicola. Sentirono un gran trambusto provenire dai laboratori. Passi concitati, ordini gridati da un capo all’altro del corridoio. Il seminterrato era pieno di agenti.

–  Cosa ci fanno qui tutti questi poliziotti? – osservò Edoardo. – E non vedo pompieri. Qualcosa non va nella versione che ci ha dato la preside.

 Nel frattempo, in 2E gli studenti si chiedevano dove fossero finiti i tre ragazzi. Improvvisamente li videro entrare nell’aula tutti trafelati, pallidi, con le mani tremanti. Si guardavano intorno nervosamente, non riuscivano quasi a parlare.

–  Allora?! – li incalzò Giulia B.

–  Parlate! – intimò Beatrice M.

Edoardo si schiarì la voce. – Ecco… Non potete immaginare… Noi… Là sotto… – bisbigliò sconvolto.

–  Qualcuno ha…

–  Ucciso la prof. Turci! – concluse Mazzeo tutto d’un fiato.

Sconvolti, gli studenti chiesero come lo avessero scoperto. – Eravamo nascosti in 1A, l’aula era vuota perché le classi del piano di sotto sono già state portate fuori, e abbiamo sentito i poliziotti parlare di ciò che è successo. Qualcuno ha ucciso la Turci nell’aula di scienze… e pare che il corpo sia stato bruciato… – Nicola non riuscì a continuare.

–  E ora cosa facciamo? Siete sicuri che nessuno vi abbia visti? – balbetto Beatrice L.

–  No… Almeno credo. È passato solo Salmi, ma ci siamo nascosti in tempo dietro la porta di un’aula – rispose Mazzeo.

Rebecca prese la parola: – Non possiamo lasciare la scuola come se nulla fosse. Dobbiamo fare qualcosa… Nascondiamoci prima che vengano a prenderci!

Fabio P. scosse la testa. – Questa mi sembra proprio una pessima idea… – borbottò fra sé e sé. Ma ormai il resto della classe procedeva in fila indiana verso il bagno, camminando speditamente contro la parete, e anche Fabio si accodò. Dopo una breve consultazione, decisero di dividersi in piccoli gruppi per indagare e raccogliere indizi.

 Un quarto d’ora dopo, erano di nuovo riuniti nel bagno dei ragazzi. Giulia B, Beatrice M ed Emma erano state incaricate di scattare delle foto alla scena del crimine. Giulia B. estrasse il suo cellulare dalla tasca e mostrò le immagini che aveva raccolto: una di queste mostrava il cadavere mezzo carbonizzato. Accanto ad esso, sulle mattonelle annerite dal fuoco, si intravedeva un grosso libro di antologia. – Abbiamo sentito i poliziotti parlare di “trauma da corpo contundente”. Pare che qualcuno abbia colpito la prof. con il libro di antologia, e che poi lei sia caduta sbattendo la testa contro lo spigolo della cattedra-.

–  C’è dell’altro – aggiunse Giulio. – Io, Laura e Rebecca ci siamo nascosti in Sala Pesci. In segreteria alcuni poliziotti stavano esaminando la lista dei sospettati.

–  Non immaginerete mai chi sono i possibili colpevoli… – disse Laura.

–  Sospettato numero uno: Di Falco. Secondo i poliziotti, solo un professore di scienze avrebbe potuto appiccare il fuoco sfruttando le sostanze infiammabili del laboratorio di scienze. E lui è l’unico prof. di scienze che non era in assistenza in cortile durante l’intervallo – spiegò Rebecca.

–  È impossibile che sia stato lui! – sbottò Diana.

–  E adesso chi ci darà le nostre verifiche? – disse Alessandro.

Ma c’era anche una seconda sospettata: la prof. Sentimenti. Accanto al cadavere erano state rinvenute le setole di un pennello Giotto, e immediatamente i poliziotti l’avevano ricondotto alla Sentimenti.

–  Aspettate un momento – esclamò Diana – qualcuno ha con sé la lista di materiali da comprare che la prof ci ha consegnato a inizio anno?

Maddalena tirò fuori prontamente il suo cellulare: ne aveva una copia sulla mail. All’ultima riga della lista compariva un avvertimento scritto in maiuscolo: GUAI A VOI SE COMPRATE I PENNELLI GIOTTO! SONO DI PESSIMA QUALITA’.

A questo punto era evidente che la setola ritrovata sulla scena del delitto non appartenesse alla prof. Sentimenti: un’artista come lei non avrebbe mai utilizzato quella marca di pennelli. Restava solo da trovare un modo per scagionarla… possibilmente trovando anche il colpevole.

Nel frattempo Riccardo S., appoggiato contro un lavandino, sgranocchiava un paio di cracker. Aveva approfittato della spedizione per fare un po’ di scorta. – E tu? Hai trovato qualcosa? – chiese Giulia R.

Riccardo mandò giù l’ultimo boccone. – Beh, in realtà… Ho scattato una foto al cestino dei rifiuti. Mentre buttavo la carta dei cracker, ho intravisto un fazzoletto sporco di sangue. Mi è sembrato sospetto.

Mostrò la foto ai compagni. Non era un comune fazzoletto di carta, ma un fazzoletto di stoffa a fantasia.

Mazzeo si riscosse dal suo torpore. – Un momento! – esclamò – Io ho già visto quel tessuto…

–  E dove? – chiese la classe in coro.

–  L’ho visto indosso a Salmi quando lo abbiamo incrociato in corridoio. Forse sulla sua cravatta…

Nicola confermò: – È vero. Lo ricordo anche io.

–  Aspettate – disse Baraldi – mentre tornavo verso il bagno ho fatto una piccola sosta in presidenza. Speravo di trovare qualche indizio. Nella fretta, ho preso questi fogli con me.

Baraldi estrasse dalla tasca tre fogli. Il primo era un volantino della nuova orchestra del Sacro. Inutile. Il secondo era l’orario per il martedì grasso. Altrettanto inutile. Il terzo, invece… Cos’era? Sembravano appunti scritti a mano dalla preside: una classifica di tutti i prof. di italiano della scuola, con accanto dei numeri che avevano tutta l’apparenza di essere delle medie scolastiche. Al primo posto: Ilaria Turci. Subito dopo, a distanza di pochi punti: Luca Salmi.

–  Non può essere un caso! Dobbiamo assolutamente parlare con Salmi – esclamò Congiu.

Tutto fu organizzato alla perfezione: Alessandro e Mazzeo aspettarono che Salmi entrasse in 1E, poi chiusero la porta a chiave. La chiave era stata gentilmente “presa in prestito” dalla presidenza. Nell’aula erano stati predisposti due telefoni: uno in bella vista sulla cattedra, l’altro nascosto sulla lampada della LIM. In questo secondo apparecchio era stata avviata una registrazione.

Appena Salmi si rese conto di essere stato intrappolato, cominciò a battere i pugni contro la porta. – Apritemi! – gridò.

Nessuno rispose, ma il telefono sulla cattedra squillò. Salmi accettò la chiamata: – Cosa diavolo sta succedendo?! – sbraitò.

–  Innanzitutto si rilassi e cerchi di non urlare – rispose pacatamente Ambra dall’altro capo del telefono – abbiamo trovato qualcosa che le appartiene. Apra il primo cassetto della cattedra.

Salmi, sconvolto, si diresse verso la cattedra. Aprì il cassetto. Silenzio.

–  Quindi? Lo riconosce? – lo incalzò Ambra.

–  E allora? È il mio fazzoletto.

–  Forse non se ne è accorto, ma è impregnato di sangue.

–  Cosa state cercando di fare?! Mi è sanguinato il naso durante l’intervallo, si è sporcato e l’ho buttato… Ma chi siete? Apritemi! Questo scherzo è durato fin troppo.

Ambra ebbe un attimo di esitazione. E se davvero fosse stato sangue di Salmi? Sarebbero finiti tutti in grossi guai…

Mazzeo le strappò il telefono dalle mani. – Stai mentendo! Sappiamo che c’entri qualcosa… Abbiamo trovato traccia di una competizione fra prof… E poi… Io ti ho visto dopo l’intervallo. La tua mascherina era intatta! Se davvero ti fosse sanguinato il naso, si sarebbe sporcata di sangue… E invece era pulita!

–  Pensate di sapere tutto eh? E va bene… Sono stato io. Volevo solo stordirla, però… Mi aveva scoperto mentre falsificavo i voti delle mie classi per vincere un concorso indetto dalla preside… Ma poi ha sbattuto la testa contro la cattedra e… Non sapevo cosa fare. Le ho dato fuoco. Ma non avete prove per incastrarmi: non confesserò mai la verità davanti alla polizia, e adesso farò sparire il fazzoletto. Per voi invece ci saranno gravi conseguenze…

Gli studenti si guardarono negli occhi trionfanti. Aveva confessato! E tutto era stato registrato dal telefono nascosto sulla lampada. Movente, arma del delitto… Era tutto chiaro. Ludovico si diresse verso le scale per avvisare i poliziotti, ancora in alto mare al piano di sotto. Andrea fece roteare la sua solita bottiglia in aria… Bottle flip perfetta.

Gli alunni della 2E

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